"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Uscire dalla logica dello scontro di civiltà
1571, la battaglia di Lepanto

 

Massimo Cacciari a "la Repubblica": la necessità di ragionare alla grande. Parole sensate fra le tante (troppe) a vanvera (e periolose) in queste ore difficili

 

(8 gennaio 2015)"I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente". Lo dice il filosofo Massimo Cacciari.

E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
"Negli ultimi venti-trent'anni abbiamo vissuto tutti nell'illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell'Occidente restano pesantemente irrisolti".

Risultato?
"Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà della popolazione del nostro continente sarà di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l'altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi".

 

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Il Novecento, un secolo che nasce e muore a Sarajevo
Mario Sironi

(22 dicembre 2014) Nei giorni scorsi è uscito il Catalogo della mostra “L'Europa in guerra. Tracce del secolo breve”, inaugurata a Trieste il 29 novembre e che sarà a Trento (Castello del Buonconsiglio) dal 18 aprile al 6 settembre 2015. Oltre trecento opere curate da Piero Del Giudice che raccontano la prima guerra mondiale, osservata dalla parte di chi quella carneficina – costata la vita ad oltre sedici milioni di persone – l'ha subita.

Ho partecipato all'avvio del progetto originario che prevedeva una triangolazione fra Trento, Trieste e Sarajevo attorno alla riflessione su un secolo che inizia simbolicamente il 28 giugno 1914 nelle strade della capitale bosniaca con l'eccidio che darà il via alla prima guerra mondiale e finisce in questa stessa città con il lungo assedio che farà di Sarajevo una città martire.

Il testo del mio contributo al catalogo

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Nel giorno della memoria, un pensiero.
Paul Klee, Angelus Novus

 

«C'è un quadro di Klee che s'intitola 'Angelus Novus'. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta».

Walter Benjamin

Il Paese delle sette giare
Giare
Le «Considerazioni generali» del 48° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2014
 

C'è una profonda crisi della cultura sistemica. Poteri sovranazionali, politica nazionale, istituzioni, minoranze vitali, gente del quotidiano, sommerso e comunicazione sono sette mondi non comunicanti, che vivono di se stessi e in se stessi in un parallelo sobollire. La politica sia arte di guida

 

(9 dicembre 2014) Una profonda crisi della cultura sistemica. Siamo una società liquida che rende liquefatto il sistema. Senza ordine sistemico, i singoli soggetti sono a disagio, si sentono abbandonati a se stessi, in una obbligata solitudine: vale per il singolo imprenditore come per la singola famiglia. Tale estraneità porta a un fatalismo cinico e a episodi di secessionismo sommerso, ormai presenti in varie realtà locali.

 

La società delle sette giare. La profonda crisi della cultura sistemica induce a una ulteriore propensione della nostra società a vivere in orizzontale. Interessi e comportamenti individuali e collettivi si aggregano in mondi non dialoganti. Non comunicando in verticale, restano mondi che vivono in se stessi e di se stessi. L'attuale realtà italiana si può definire come una «società delle sette giare», cioè contenitori caratterizzati da una ricca potenza interna, mondi in cui le dinamiche più significative avvengono all'interno del loro parallelo sobollire, ma senza processi esterni di scambio e di dialettica. Le sette giare sono: i poteri sovranazionali, la politica nazionale, le sedi istituzionali, le minoranze vitali, la gente del quotidiano, il sommerso, il mondo della comunicazione.

 

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Il volo dell’anatra zoppa…
L\'Avana. La Bodeguita del Medio

 

 

di Federico Zappini *

 

(21 dicembre 2014) Può un’anatra zoppa insegnarci a volare? Se guardiamo alla situazione di Barack Obama in relazione alla sorprendente riapertura dei canali diplomatici con Cuba si direbbe di sì. Un Presidente senza i numeri nel Congresso – “lame dunk” appunto, dopo le elezioni di medio termine – che riesce, certo non da solo, ad essere protagonista di un evento di politica internazionale tanto simbolico quanto rilevante. Non solo per i due Paesi direttamente coinvolti.

Leggo e comprendo i molti dubbi – figli di anni di contrapposizione fino a pochi giorni fa apparentemente insanabile – che circondano un fatto dalla fortissima valenza storica e politica. La permanenza dell’embargo, che dovrà essere sciolto ufficialmente da un Congresso ostile. I molti fronti sui quali l’amministrazione americana è ancora impegnata militarmente. Obiezioni legittime, piuttosto scontate in realtà, eppure il “Todos somos americanos” pronunciato da Obama non pesa solo a Miami e a L’Avana ma è un messaggio di ben più ampio respiro.

Chi non lo ammette sembra preferire esercitarsi nella lamentazione del “tanto meglio, tanto peggio” e nella dietrologia, rappresentazione pratica della nostalgia di un mondo tutto spiegabile dentro la divisione ideologica tra capitalismo (americano) e chi vi si oppone. Questo disegno, che certamente conserva una sua epica e un suo fascino, è oggi totalmente insufficiente a descrivere la realtà dentro la quale viviamo.

 

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Una sala intitolata a Franco Dalvit e Roberto Mattedi
Un momento della cerimonia

(21 dicembre 2014) Questa mattina al centro civico di Spini di Gardolo (a nord di Trento) è stata intitolata la sala civica a due persone che molto hanno dato alla loro comunità, Franco Dalvit e Roberto Mattedi, insieme fondatori dell'associazione “Amizi del pont dei vodi”.

Non conoscevo Roberto Mattedi, ma ricordo come Franco si curava della relazione con un'associazione che esprimeva l'amore per quella borgata un tempo agricola, così ai margini della vita urbana quand'anche esprimesse il più rilevante insediamento industriale della città.

Franco era parte integrante di quel collettivo politico che diede vita a DP del Trentino e successivamente a Solidarietà. Quando nei primi anni '90 iniziammo a scomporre e ricomporre la sinistra trentina, per Franco era il suo pane, lui tanto rigoroso nei valori quanto aperto al dialogo con gli altri. Gli veniva naturale perché Franco era così, nella sua vita familiare come nel suo lavoro. Aveva la percezione piena di quella stagione che insieme stavamo costruendo e lo riempiva di orgoglio il vedere come piano piano quei nostri valori diventassero governo del reale, in Trentino come nella sua comunità.

Poco prima di andarsene, quasi a consolarmi, Franco mi disse di quanto fosse soddisfatto della sua vita, della sua famiglia come del suo impegno sociale e politico. Non dimenticherò mai quell'ultima nostra conversazione sul terrazzino di casa, con un bicchiere del suo vino, a Spini di Gardolo.

Non amo le cerimonie e la retorica che spesso le accompagna, ma nel ricordo di una comunità ci sta il riconoscimento di un impegno e di una vita spesi per il bene comune.

Il discorso più bello
Pepe Mujica

Quello che segue è il discorso tenuto dal presidente dell'Uruguay Pepe Mujica in occasione del G20 in Brasile il 21 Giugno 2012

 

di Pepe Mujica

"Un grazie particolare al popolo del Brasile, ed alla sua Signora Presidentessa, Dilma Rousseff. Grazie anche alla sincerità con la quale, sicuramente, si sono espressi tutti gli oratori che mi hanno preceduto. Come governanti, tutti manifestiamo la profonda volontà di favorire gli accordi che questa nostra povera umanità sia capace di sottoscrivere.

Permettetemi, però, di pormi alcune domande a voce alta. Per tutto il giorno si è parlato di sviluppo sostenibile e di affrancare, dalla povertà in cui vivono, immense masse di esseri umani. Ma cosa ci frulla per la testa? Pensiamo all’attuale modello di sviluppo e di consumo delle società ricche? Mi domando: che cosa succederebbe al nostro pianeta se anche gli indù avessero lo stesso numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi? Quanto ossigeno ci resterebbe per respirare?

 

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