«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
di Svetlana Slapšak (tratto da http://www.viaggiareibalcani.it/)
(13 marzo 2012) Attraverso incredibili traiettorie linguistiche tipicamente balcaniche la parola turca Çardak è penetrata nell'ungherese, nel serbo-croato-bosniaco, bulgaro, macedone e greco. Può significare torre, piano superiore o soffitta, magazzino o seccatoio (soprattutto per il mais), locanda di bassa qualità, situata di solito lungo una trafficata via di comunicazione o vicino a un fiume; ma dal termine Çarda deriva anche la musica che i rom ungheresi suonavano in queste locande (le csardas) diventata col tempo una danza eponima ungherese... e si potrebbero trovare altri significati.
(13 marzo 2012) Una cinquantina di firme autorevoli sotto il messaggio al Consiglio di sicurezza riportato dalla Sueddeutsche Zeitung: da Umberto Eco a David Grossmann, da Shirin Ebady a Jergen Habermas. "Crimini orribili, non si resti indifferenti davanti a tragedia". Pressione su Cina e Russia perché lavorino con i partner internazionali
Un appello
Urge fermare i massacri in Siria, l'Onu deve fare di più, e soprattutto Russia e Cina devono decidersi a smetterla di difendere Assad con i loro veti al Consiglio di sicurezza. Ecco il senso del drammatico appello lanciato da una cinquantina di intellettuali di fama mondiale, di cui riferisce l'autorevole quotidiano liberal di Monaco Sueddeutsche Zeitung. Secondo cui tra i firmatari figurano Jergen Habermas, Umberto Eco, gli ex presidenti tedesco e sudafricano Richard von Weizsaecker e Frederik Willem de Klerk, David Grossmann, le premio Nobel Shirin Ebady e Jody Williams, la militante russa per i diritti umani Ljudmila Aleksejeva.
(7 marzo 2012) Federico Zappini, il nuovo direttore "pro tempore" di Politica Responsabile, ci invita a riflettere sull'importanza - a volte drammatica - che i confini hanno assunto nella vita delle nostre democrazie.
Da ciò deriva un progressivo smarrimento del significato essenziale del vivere democratico. Per dare una possibilità alla democrazia moderna di trasformarsi in altro senza inabissarsi, dovremmo provare, sostiene Zappini, a fare nostro il più ricco concetto di frontiera, "costruzione artificiale che nasce dalle aspirazioni e dalle aspettative di una comunità e quindi da motivazioni sociali e non esclusivamente geografiche". Discutiamone insieme, come sempre, su www.politicaresponsabile.it
Lo studioso e filosofo polacco spiega che le prime armi dell’Occidente per sconfiggere Isis sono inclusione sociale e integrazione: «Solo la società nel suo insieme può farlo»
Intervista a cura di Maria Serena Natale*
(25 marzo 2016) Professor Bauman, nel dibattito europeo terrorismo e immigrazione si sovrappongono in una distorsione ottica che fa il gioco dei populisti e ostacola la percezione dei profughi come «vittime». Un meccanismo che sposta il discorso sul piano della sicurezza e legittima i governi a sbarrare le porte, come ha annunciato Varsavia subito dopo gli attentati di Bruxelles. Quali sono i rischi di questa operazione?
«Identificare il “problema immigrazione” con quello della sicurezza nazionale e personale, subordinando il primo al secondo e infine fondendoli nella prassi come nel linguaggio, significa aiutare i terroristi a raggiungere i loro obiettivi. Prima di tutto, secondo la logica della profezia che si auto-avvera, infiammare sentimenti anti-islamici in Europa, facendo sì che siano gli stessi europei a convincere i giovani musulmani dell’esistenza di una distanza insormontabile tra loro. Questo rende molto più facile convogliare i conflitti connaturati alle relazioni sociali nell’idea di una guerra santa tra due modi di vivere inconciliabili, tra la sola vera fede e un insieme di false credenze. In Francia, per esempio, malgrado non siano più di un migliaio i giovani musulmani sospettati di legami con il terrorismo, per l’opinione pubblica tutti i musulmani, e in particolare i giovani, sono “complici”, colpevoli ancor prima che il crimine sia stato commesso. Così una comunità diventa la comoda valvola di sfogo per il risentimento della società, a prescindere dai valori dei singoli, da quanto impegno e onestà questi mettano in gioco per diventare cittadini».
Il dialogo tra la natura e la cultura - o più esattamente: l'abbraccio della vegetazione che sgretola i palazzi e della sabbia che seppellisce i templi e gli anfiteatri - è tanto antico quanto la storia dell'uomo. Chi dice storia dice rovine e, ovviamente, meditazione di fronte alle rovine. Ciò che è stato detto meno è che le parole di questa meditazione, e la meditazione stessa, sono anch'esse storia e sono destinate a soffrire una sorte identica a quella degli edifici che ispirano lamenti e riflessioni: cadere e confondersi con la polvere.
E allo stesso modo: quasi sempre dimentichiamo che la natura, sebbene ci appaia eterna e inalterabile, nemmeno sfugge alla storia: l'universo ebbe un principio e avrà una fine. Che cosa sono gli astri e i pianeti, gli atomi e le loro particelle, se non fossili dello spazio-tempo dell'inizio? L'idea di una natura sempre identica a se stessa non è meno illusoria delle eternità dei metafisici.
di Roberto Belloni, Mauro Cereghini, Francesco Strazzari *
(1 marzo 2012) Siria, Libia, Sud Sudan, Darfur, Afghanistan, Iraq. Sono le ultime crisi internazionali, in ordine di tempo, ad essersi guadagnate uno spazio di visibilità su giornali e televisioni. Ma molte altre si consumano senza ricevere altrettanta attenzione mediatica. La comunità internazionale nelle sue varie articolazioni - Onu, organismi internazionali, governi, organizzazioni non governative... - prova a intervenire in tutte le crisi, seppure con risorse insufficienti. Di questi interventi, della loro efficacia e dei loro limiti, si discuterà nel convegno "Conflitto, pace, costruzione dello stato e istituzioni locali", organizzato l'1 e 2 marzo a Trento dal Centro per la formazione alla solidarietà internazionale e dalla Scuola di Studi Internazionali dell'Università.