"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Si è seduto nel bosco, con il suo violoncello, e ha cominciato a suonare "una richiesta di pietà per questi larici". La protesta “musicale” è stata eseguita dal violoncellista Mario Brunello, che si è recato nei pressi del cantiere della pista da bob di Cortina D'Ampezzo, dove è iniziato l'abbattimento di parte del bosco per il cantiere dell'impianto delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026.
di Luigi Casanova *
Il lariceto di Ronco a Cortina d’Ampezzo rappresenta un capitale, uno scrigno che racchiude più tesori. Il primo tesoro porta a valori naturalistici.
Si tratta di un lariceto monospecifico, in prevalenza coetaneo, forte di una vita lunga oltre 100 anni, ricco di circa 400 piante in larice e in quota caratterizzato da una diffusa rinnovazione naturale composta da abete rosso e qualche diffusa giovane betulla. Dal punto di vista naturalistico tutto l’insieme è una rarità, probabilmente un ambiente unico in tutto l’arco alpino meridionale. Infatti a sud delle Alpi non si trova un lariceto a quota tanto bassa (fra i 1200 e i 1300 metri s.l.m) un simile ecosistema. Un motivo più che sufficiente per portarlo alla sua assoluta conservazione.
di Francesco Strazzari *
Ecco l’annunciato Zeitenwende – il passaggio al tempo nuovo. Il cancelliere tedesco Scholtz e il ministro della difesa Pistorius in eleganti cappotti neri, raggiunti dalla premier danese Frederiksen: affondano le vanghe nella nuda terra ed inaugurano la nuova fabbrica Rheinmetall di munizioni d’artiglieria.
L’obiettivo che fu annunciato, il milione di pezzi in mano agli ucraini entro marzo, è un miraggio: dopo decine di migliaia di morti, cade Adviivka e si combatte con sempre meno risorse. Mine e droni russi hanno congelato l’iniziativa di Kyiv, circoscrivendola alla battaglia sul Mar Nero.
Nel frattempo Rheinmetall ha ottenuto commesse per 10 miliardi: da quando i carri armati russi hanno invaso l’Ucraina il valore delle azioni è più che raddoppiato. Il segretario Nato Stoltenberg punta il dito contro i ritardi del Congresso Usa.
di Nello Scavo *
La giurista Chantal Meloni: «Gli allarmi internazionali, anche di Paesi alleati, dimostra che il conflitto ha oltrepassato una linea rossa»
(17 febbraio 2024) «L’intenzione annunciata da Israele di “evacuare”, in realtà trasferire forzatamente, la gran parte della popolazione di Gaza fuori dalla Striscia ha messo in allarme tutte le istituzioni internazionali, dall’Onu alla Croce Rossa Internazionale e, finalmente, si registrano anche reazioni contrarie da parte di esponenti di Governi che fino ad ora hanno prestato un supporto sostanzialmente incondizionato a Israele. Appelli così allarmati dimostrano che siamo arrivati a una fase nuova del conflitto e che si è superata “la linea rossa”». Chantal Meloni, docente di Diritto penale internazionale all’Università degli Studi di Milano, ha lavorato presso la Corte penale internazionale dell’Aja ed è membro del Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr). E’ rappresentante legale delle vittime nella “situazione Palestina” di fronte alla Corte penale internazionale.
Come valuta il piano di “evacuazione umanitaria” da Gaza?
«E’ un progetto particolarmente grave. Non è chiaro quanto sia concreto, ma tutti sanno fin troppo bene che rappresenta il punto di non ritorno per la popolazione palestinese di Gaza. Per loro sarebbe una seconda “Nakba”, la catastrofe, come i Palestinesi chiamano ciò che è avvenuto nel 1948, quando sono stati costretti a lasciare le loro case. Il risultato sarebbe di fatto lo spopolamento dell’intera Striscia, che è la casa per 2,3 milioni di Palestinesi. Il rischio concreto è che non possano più rientrare a Gaza».
Un invito all’impegno comune
di Federico Zappini
“La speranza è fatta di cose
che hanno bisogno
di qualcuno che le faccia accadere”
Cecely Saunders
Questo documento è frutto di diversi sentimenti.
Ci sono la stanchezza e il senso profondo di solitudine, la preoccupazione nei confronti di ciò che ci circonda (guerre, crisi climatica, disuguaglianze, fragilità delle reti sociali, spaesamento) che pesa fin quasi a diventare un fardello insopportabile.
E poi ci sono – ancora vive, per fortuna, nonostante tutto – la speranza di poter contribuire al cambiamento necessario e l’urgenza di farlo accadere, velocemente nel tempo e nel modo giusto, ossia coinvolgendo più persone possibile nell’azione di trasformazione della realtà che, è sotto gli occhi di tutti, non volge al meglio in quasi nessun campo…
Per molte e molti di voi le argomentazioni che trovano spazio in queste pagine non suoneranno nuove perché già affrontate in mille precedenti conversazioni. Mi serviva comunque provare a riordinarle, come appunti che tentano se messi in fila a garantire una mappa sufficientemente precisa – pur se in continuo movimento, disordinata come è disordinato il Mondo – delle sfide cui dobbiamo predisporci e delle urgenze a cui dobbiamo far fronte per ridare senso e centralità, ognuno e ognuna per la propria parte, all’azione politica, amministrativa, sociale e culturale che ci vede a vario titolo coinvolti.
Le categorie dello straordinario e dell’essenziale a me sembrano propizie per confermarci il compito di far viaggiare in parallelo la costruzione di una visione adeguata al cambio d’epoca in atto e la capacità di rispondere materialmente alle esigenze primarie (che mal contate stanno sulle dita di una mano…) delle comunità di cui facciamo parte e di cui vogliamo prenderci cura.
L'Assemblea del Cantiere di Pace si svolgerà sabato prossimo 17 febbraio dalle ore 10.00 alle 13.00, presso la Sala della Circoscrizione di Piedicastello a Trento
Nell'aprile del 2022, di fronte all'aggressione della Russia all'Ucraina, esito a sua volta di un lungo processo di destabilizzazione della regione che aveva fatto saltare gli accordi di Minsk, e alla necessità di ridare la parola al dialogo, alle diverse forme di diplomazia e di ricerca di una soluzione politica del conflitto, nasceva a Trento il Cantiere della Pace. Non una nuova associazione, ma persone di buona volontà che intendevano mettere a disposizione delle ragioni della pace il proprio sapere, le proprie competenze, il proprio impegno.
Da allora sono trascorsi due anni nei quali la guerra in Ucraina ha assunto dimensioni impressionanti, per il numero delle vittime (secondo l'ONU sono oltre mezzo milione), per la devastazione ambientale che renderà difficile una prospettiva di vita nelle città come lande avvelenate, per i rischi sempre più forti di estensione del conflitto armato nella parte orientale dell'Europa, per il coinvolgimento sempre più esplicito della NATO e dell'Italia negli scenari di guerra.
di Federico Zappini *
Affermava Voltaire che “il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”. E’ una massima che – da quando ho memoria – viene richiamata a mo’ di monito per sottolineare la condizione di precarietà (per usare un eufemismo…) delle carceri italiane.
La si trova utilizzata per denunciare l’inaccettabile sovraffollamento delle strutture detentive (l’Unione Camere penali Italiane ci dice che sono 60.637 le persone oggi detenute a fronte di 51.347 posti ufficiali, dei quali però alcune migliaia indisponibili) o per far riferimento all’alto tasso di recidiva – attorno al 70% per chi transita per le celle italiane – che è il prodotto del fallimento della dimensione rieducativa della pena, che invece è il cuore dell’art.27 della Costituzione.
Parlare della crisi del sistema detentivo italiano diventa ancora più doloroso e urgente nel momento in cui si fanno i conti con il numero di suicidi (l’associazione Antigone ne conta 24 da inizio anno, tre nelle ultime 72 ore, due di ragazzi poco più che ventenni) a cui vanno aggiunti un numero infinitamente più alto di atti di autolesionismo che pratica chi si trova costretto dietro le sbarre.
Che fare allora se la fotografia della situazione è così evidente ed esposta, tanto da rischiare denunciandola senza agire di conseguenza per un suo miglioramento di scivolare nella sterile retorica?
Un appello intorno al Giorno della memoria
Siamo un gruppo di ebree ed ebrei italiani che, nell’avvicinarsi del Giorno della Memoria e nel vivere il tempo della guerra in Medio Oriente, si sono riuniti e hanno condiviso diversi sentimenti: angoscia, disagio, disperazione, senso d’isolamento.
Il 7 ottobre, non solo gli israeliani ma anche noi che viviamo qui siamo stati scioccati dall’attacco terroristico di Hamas e abbiamo provato dolore, rabbia e sconcerto.
E la risposta del governo israeliano ci ha sconvolti: Netanyahu, pur di restare al potere, ha iniziato un’azione militare che ha già ucciso oltre 25.000 palestinesi e molti soldati israeliani, mentre a tutt’oggi non ha un piano per uscire dalla guerra e la sorte della maggior parte degli ostaggi è ancora incerta.
Purtroppo sembra che una parte della popolazione israeliana e molti ebrei della diaspora non riescano a cogliere la drammaticità del presente e le sue conseguenze per il futuro.
I massacri di civili perpetrati a Gaza dall’esercito israeliano sono sicuramente crimini di guerra: sono inaccettabili e ci fanno inorridire. Si può ragionare per ore sul significato della parola “genocidio”, ma non sembra che questo dibattito serva a interrompere il massacro in corso e la sofferenza di tutte le vittime, compresi gli ostaggi e le loro famiglie.