"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(26 maggio 2011) "In nome della Repubblica di Serbia, vi annuncio che oggi è stato arrestato Ratko Mladić". Il presidente serbo Boris Tadić ha confermato l'arresto del superlatitante poco dopo le ore 13.00. "Con l'arresto di Mladić chiudiamo una delle pagine più difficili della nostra storia recente", ha detto Tadić, ribadendo che quanto avvenuto oggi è un passo importantissimo verso la "piena riconciliazione" nell'area ex-jugoslava.
da http://www.balcanicaucaso.org/
di Christophe Solioz e Wolfgang Petritsch
L'ennesima crisi a quindici anni da Dayton. I nazionalismi destabilizzano lo Stato, mentre la comunità internazionale sembra impotente e confusa. La Bosnia cerca la propria via per entrare nell'UE tra tante difficoltà e ferite ancora aperte. Un interessante commento dal sito http://www.balcanicaucaso.org/
(18 maggio 2011) Una quindicina d'anni dopo la firma degli Accordi di Dayton, il 14 dicembre 1995 a Parigi, la Bosnia resta invischiata in quel che rimane di una transizione post-bellica interminabile. Le crisi hanno il gusto amaro del "già visto", scandiscono il ritmo della vita quotidiana dei suoi cittadini (dis)illusi. Ogni volta si prevede il peggio, il sollievo che segue è dunque grande quanto illusorio.
Sabato 26 Marzo 2011, dalle ore 16.00 alle 18.00, nella Corte di Palazzo Adami, P.zza S.Marco 7, Rovereto
Caffè-dibattito
L'Italia solidale.
Dalla Giovine Europa alla mobilitazione per i Balcani
intervengono:
Luisa Chiodi, Direttrice di Osservatorio Balcani e Caucaso/Fondazione Opera Campana dei Caduti
Francesco Privitera, storico, Università degli Studi di Bologna
Fabrizio Bettini, Progetto Colomba, Associazione Papa Giovanni XXIII
Michele Nardelli, presidente del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
di Paolo Rumiz
Lo conobbi, pensate, a testa in giù. Jovan Divjak era in posizione yoga, dritto come un palo sulla scrivania. Lontano si sentivano colpi di mortaio. Era il settembre 1992, a Sarajevo, nel quartier generale delle truppe di difesa, le milizie che lui stava mettendo assieme dal nulla. Mi disse "Si accomodi" in francese, spiegò che non dormiva da un mese e quello era il solo modo di ricuperare. Cominciammo guardandoci al contrario, come i fanti della stessa carta di tressette. Poi mi spiegò la situazione sul fronte. (...)
di Michele Nardelli
(15 agosto 2011) Se si esaminano le aree interessate ai bombardamenti della Nato del 1999 sul Kosovo quella di Peja - Peć è sicuramente una delle più colpite. Nella distruzione generale, i segni dei bombardamenti erano visibili ad occhio nudo perché interessavano gli insediamenti industriali, i depositi, le caserme, le linee di comunicazione.