«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
Questo commento è apparso oggi sul "Corriere del Trentino".
di Michele Nardelli
(26 ottobre 2011) "Con internet questa storia di proibire è finita" diceva qualche anno fa Elias Khury nell'intervista che costituiva la postfazione del libro di Samir Kassir "Primavere". Forse non immaginava che il contributo delle nuove forme di comunicazione sarebbe stato così decisivo nel processo di cambiamento che la primavera araba ha impresso al Mediterraneo, ma la realtà talvolta va oltre l'immaginazione. E così i diritti digitali dei cittadini sono entrati a pieno titolo a far parte degli strumenti della partecipazione democratica e della libertà.
di Adriano Sofri
Colpiva, all'indomani del linciaggio di Sirte, l'assenza su queste pagine della voce di Antonio Cassese. Nel suo libro ultimo aveva ricordato come già de Maistre parlasse di nazioni rimaste allo stato di natura. Nazioni "tutte prese dall'enthousiasme du carnage", l'entusiasmo della carneficina. Al quale opponeva "l'entusiasmo per i diritti umani" che sentiva crescere.
Vaclav Havel ci ha lasciati. Se ne è andato uno dei protagonisti del dissenso, di quella rivoluzione di velluto che ha cambiato il corso della storia e della difficile e contraddittoria costruzione del progetto politico europeo. Havel è stato ricordato oggi, in apertura della seduta del Consiglio Provinciale, con un minuto di silenzio.
di Michele Nardelli
(19 dicembre 2011) Era il 29 dicembre 1989. Praga era una città in festa. Dismesso il grigiore della cortina di ferro, la gente nelle strade si abbracciava, cantava, gridava la propria felicità per la fine di un regime durato più di quarant'anni. Essere lì in quelle ore era emozionante e ci faceva sentire al centro della storia. Ricordo il fermento attorno alle sedi del Forum Civico e lo slogan ricorrente "Havel na hrad" ovvero "Havel nel castello".
"... E' un po' la ricerca di sentirsi parte naturale del paesaggio... Anche se puntare sulla natura è rischioso. Leopardi ricordava che anche dentro un giardino si nasconde la sopraffazione, la sofferenza. E però, nonostante il pensiero di Leopardi, legittimissimo, la poesia ha la possibilità di raccogliere l'alone di fascino che ancora promana dalla natura...
Mi chiedo se lo stupro che si sta facendo della natura sia da imputare a un tipo di cultura, evidentemente aberrante, o a un male segreto della natura stessa, tale da aver permesso che da lei originasse questo tipo d'uomo. ..."
da "Il Veneto che amiamo" (Edizioni dell'asino)
di Michele Nardelli
(marzo 2012) E' vero, se ne parla da tempo. Ma dar vita ad un partito territoriale a ridosso delle elezioni provinciali credo sarebbe un errore. Non solo sul piano della riconoscibilità elettorale (le elezioni sono anche un momento di verifica dell'attività politico-amministrativa svolta nei cinque anni precedenti), ma per una ragione di fondo: i partiti non si costituiscono per vincere le elezioni, ma perché si ha un progetto condiviso sul piano dei valori e delle idee progettuali.
Di macchine elettorali prive di visioni in questi ultimi anni ne abbiamo avute abbastanza, dai partiti-azienda a quelli ad personam. Nessuna nostalgia nemmeno per i partiti tradizionali, che pure hanno svolto un ruolo importante nella storia del Novecento, delle cui culture erano figli tanto sul piano delle idee (le magnifiche sorti e progressive), quanto su quello delle forme organizzative (partiti a forma di stato).
Premesso dunque che alle elezioni provinciali del 2013 è bene che i partiti del centrosinistra autonomista trentino si presentino con le proprie soggettività e i propri simboli, la proposta rilanciata recentemente da Lorenzo Dellai di dar vita ad un partito territoriale in grado di proporre una sintesi originale fra le migliori tradizioni di pensiero di questa terra, a me pare di grande interesse per almeno quattro ragioni.
(17 ottobre 2011) Silvano Grisenti è stato condannato dalla Corte di Appello di Trento ad un anno e sei mesi nell'inchiesta "Giano Bifronte" per corruzione impropria: è andata peggio che in primo grado, considerato l'inasprimento della pena che era stata di quattro mesi. Grisenti ha avuto anche un provvedimento di interdizione dai pubblici uffici e così il suo ritorno in politica risulta piuttosto improbabile.
Ciò che emerge da questa sentenza rappresenta una brutta pagina della nostra autonomia, perché non dobbiamo dimenticare che fino alle sue dimissioni nel corso della precedente legislatura, Grisenti era l'uomo forte del governo provinciale. Evidentemente un po' troppo forte.