"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
Kelăat Es-Sraghna, Marocco. Molte delle persone che assistono all'incontro parlano l'italiano, alcuni con la cantilena del dialetto delle nostre valli dove hanno lavorato. E dato che l'immigrazione avviene frequentemente per passa parola, da territorio a territorio, il Trentino è diventata per molti di loro la terra dove rifarsi una vita, dove sono nati i loro figli, una nuova casa. Nonostante l'aver ricevuto, dopo tanti anni di lavoro, la cittadinanza italiana, per un istinto che ci lega ad una terra hanno scelto di ritornare nel loro paese d'origine. Quasi avessero un debito aperto verso il paese che quand'erano giovani hanno deciso di abbandonare.
di Vladimiro Polchi - da www.repubblica.it
(6 marzo 2012) Chi nasce in Italia è italiano. Urne aperte agli stranieri che vivono e lavorano nel nostro Paese. Una montagna di firme e due leggi di iniziativa popolare rilanciano la riforma della cittadinanza e il diritto di voto amministrativo agli immigrati. È il primo bilancio della campagna "L'Italia sono anch'io": 19 organizzazioni coinvolte, oltre 100 comitati locali e un migliaio di volontari impegnati per sei mesi. Il risultato? Circa 110mila firme consegnate alla Camera, ben oltre il tetto necessario delle 50mila.
di Piergiorgio Cattani www.unimondo.org
(15 febbraio 2012) E' tempo di tagli, è tempo di riammodernamento. In ogni settore. Anche in quello della difesa. Negli Stati Uniti, dove Obama ha presentato la nuova dottrina strategica, come in Italia. La crisi non risparmia nessuno e questo è sicuramente un bene specie per chi si batte, da tempi non sospetti, per la diminuzione delle spese militari.
Certo, le gerarchie delle forze armate addurranno altre ragioni di tipo strategico e geopolitico ma il punto è che finalmente si può parlare anche delle risorse destinate alla difesa, degli sprechi e soprattutto della visione generale che sta alla base di questo tipo di spese. Come immaginiamo l’Italia del futuro? Una potenza dotata di 131 cacciabombardieri di ultima generazione per mostrare la nostra capacità di deterrenza (speriamo non di offesa) ai paesi del Mediterraneo? Oppure vogliamo paragonarci alla Grecia in bancarotta ma che è costretta ad acquistare da aziende francesi e tedesche sottomarini, carri armati e elicotteri per una guerra virtuale persa in partenza?