«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani». "Manifesto di Ventotene"
Una lettera aperta per le condidature senatoriali in Trentino
(12 gennaio 2012) La recente notizia della candidatura di Francesco Palermo sul collegio senatoriale della Bassa Atesina impone una riflessione nuova anche in Trentino: non solo per la portata politica di questo passaggio (che per la prima volta apre lo spazio ad una nuova strada dell'autonomia sudtirolese, superando lo scoglio etnico), ma anche per la rappresentazione che esso offre della specificità locale. La candidatura di Palermo dimostra infatti che è possibile sfruttare nel modo più intelligente le opportunità offerte dal particolare sistema elettorale dei collegi uninominali, arrivando ad esprimere candidati che da un lato siano frutto della convergenza politica di tutti i partiti del centrosinistra autonomista, dall'altro siano rappresentanti del territorio, espressione delle sue caratteristiche originali e delle sue istanze sociali, culturali, economiche...
Un patto tra amministrazione, territorio e cittadini per un futuro sostenibile.
La Giunta Provinciale ha approvato il Documento finale del PA.S.SO, il patto per lo sviluppo sostenibile del Trentino
(14 gennaio 2013) Europa; comunicazione, educazione e cultura; tutela e valorizzazione della biodiversità; mobilità sostenibile, energia e lotta al cambiamento climatico; agricoltura e stili di vita: sono queste le cinque priorità per lo sviluppo sostenibile del Trentino che costituiscono i pilastri di Passo, il documento approvato oggi dalla Giunta provinciale su proposta del presidente Alberto Pacher. Partendo da una ricognizione della situazione attuale del territorio, Pa.S.So - che indica in sigla proprio il "Patto per lo sviluppo sostenibile del Trentino" - fornisce indicazioni e impegni chiari sulle strategie dello sviluppo sostenibile a livello provinciale, da qui al 2020 e oltre.
(6 febbraio 2013) Per molti secoli le popolazioni rurali hanno affidato la spiegazione delle calamità naturali e delle carestie, che ciclicamente si abbattevano sulle comunità, all'influenza esercitata da strane figure femminili situate ai margini della società e bollate con lo stigma della strega. Anche ai poteri politici del tempo faceva comodo indicare capri espiatori dagli effetti garantiti e tali da suscitare la comune riprovazione.
L'antropologa inglese Mary Douglas ricostruisce, in un suo noto saggio dal titolo Rischio e colpa, i meccanismi sottostanti ai dispositivi simbolici di attribuzione di colpa, il cosiddetto «effetto blaming». In ogni circostanza negativa, essa sosteneva, le società pre-scientifiche si difendevano istintivamente dall'ignoto, da ciò che non si conosceva o non si era in grado di sottoporre al «tribunale della ragione», mediante l'invenzione di cause e concause di cui sarebbero stati portatori individui particolari o istituzioni sgradite.
di Michele Nardelli
Ho visto solo qualche frammento finale dell'evento televisivo di Michele Santoro con Silvio Berlusconi. Non amo né "Servizio pubblico", tanto meno il cavaliere. In compenso l'hanno guardato quasi 9 milioni di italiani, inchiodati davanti al televisore che mandava in onda il revival di un ventennio che cerchiamo faticosamente di metterci alle spalle e due dei suoi principali protagonisti, i quali per ritornare in auge hanno evidentemente bisogno l'uno dell'altro.
Da una parte l'immagine del vecchio capo che nonostante tutto tanto piace ancora agli italiani, simbolo di quello che vorrebbero essere e di un modello sociale fondato sul populismo e sul paternalismo autoritario, sul rancore e sull'invidia. Dall'altra un giornalismo progressista e salottiero, subalterno perché privo di autonomia progettuale, che si è nutrito di antiberlusconismo come si trattasse della propria ragion d'essere.
Niente da stupirsi, dunque, se alla fine dello spettacolo il cavaliere ne sia uscito come un gigante al cospetto di un giornalismo ignorante, approssimativo e che nei mesi di ibernazione di Silvio Berlusconi aveva raggiunto dati di ascolto da fallimento. Il risultato di questa messa in scena è sotto i vostri occhi.
Ci dovrebbe far comprendere che per voltare pagina occorre riflettere su quel che il berlusconismo ci ha lasciato in eredità, su come questo paese è cambiato (e non in meglio) nel suo profondo e infine che un'alternativa a quel modello sociale non possa essere ridotta al mettere i conti a posto ma fondarsi su un progetto capace di proporre un'altra idea di economia e di società.
In una situazione di grande fluidità e pluralismo a livello partitico e di contendibilità della leadership a livello governativo si gioca il futuro del Venezuela
di Francesca D'Ulisse
(10 gennaio 2013) Con il fiato sospeso fino al 10 gennaio e con le comunicazioni roventi tra Caracas e L'Avana. E' in questa situazione che sta maturando la vigilia della "toma de posesión", la cerimonia d'investitura presidenziale in Venezuela. La situazione del Presidente Chávez è stabile ma "delicata", Hugo Chavez è "assolutamente cosciente" su quanto siano "complesse e delicate" le sue condizioni dopo l'operazione dello scorso 11 dicembre, "leggeri miglioramenti con situazioni stazionarie": è sugli aggettivi e sulle dichiarazioni dei ministri accorsi al capezzale di Chávez che maggioranza e opposizione prendono le misure per capire cosa fare e cosa sperare dai prossimi giorni. Niente "segreto di stato" - come fu ed è ancora per Fidel Castro - anche se i dubbi e i sospetti sulle reali condizioni di salute del presidente venezuelano si rincorrono ormai da mesi pesando come un macigno sul futuro del Paese e sugli equilibri di un intero continente. La costituzione bolivariana è sottoposta in questi giorni ad analisi e interpretazioni estensive.
(6 gennaio 2013) Riprendono gli affari per l'industria armiera europea: dopo il calo del 2010, sono aumentati del 18,3% gli ordinativi ai paesi dell'Unione Europea per esportazioni di sistemi militari che nel 2011 (ultimo dato disponibile) hanno superato i 37,5 miliardi di euro. Crescono soprattutto le autorizzazioni verso le zone di maggior tensione del pianeta (Medio Oriente e Asia), diminuiscono verso gli Usa. Aumentano anche le consegne effettive di materiali militari: ma su queste il Rapporto dell'UE non presenta i dati perché diversi paesi (tra cui Germania e Regno Unito) non li hanno resi noti. Forse per adeguarsi allo standard tedesco, il governo tecnico italiano ha pensato di manipolare un po' le cifre: a fronte degli oltre 2,6 miliardi di consegne riportate nella Relazione governativa nazionale, i funzionari governativi hanno riferito all'UE solo poco più di 1 miliardo. Un "errore" che solleva più di qualche interrogativo sulla trasparenza del Governo Monti in questioni militari. Ma andiamo con ordine.
(3 gennaio 2013) "Almeno 60 mila morti in Siria dall'inizio del conflitto secondo dati delle Nazioni Unite. Lo ha reso noto l'Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, citando un rapporto delle Nazioni Unite. Le persone uccise in Siria dal 15 marzo 2011 al 30 novembre 2012 sono state 59.648".
Fin qui la notizia Ansa. Quello che sta accadendo in Siria, aggiungo io, non avviene affatto nell'indifferenza internazionale, perché su questo paese strategico nel contesto mediorientale si concentrano grandi interessi, tanto da parte delle principali potenze che dei paesi della regione.